Ordinanza ricevuta dall’Avv. Valeria Mazzotta

Cass. civile ord. 9 maggio 2025 n. 12289

Una recente ordinanza della Corte Suprema di Cassazione, Sezione Prima Civile (n. 12289 del 9 maggio 2025), fa luce sui criteri che portano alla decadenza dalla responsabilità genitoriale, sottolineando come tale provvedimento non sia una sanzione per comportamenti inadempienti, bensì uno strumento prioritario per la tutela dell’interesse superiore del minore.

Il Principio Guida: Tutelare l’Interesse del Figlio

La Suprema Corte ribadisce un principio consolidato: la limitazione o l’ablazione della responsabilità dei genitori deve essere preordinata all’esigenza prioritaria della tutela degli interessi del figlio. Non si tratta di punire i genitori per le loro mancanze, ma di valutare gli effetti lesivi che tali comportamenti hanno prodotto e possono ulteriormente produrre in danno del figlio. Il provvedimento di decadenza rappresenta l’extrema ratio, adottabile solo quando la condotta del genitore causa un grave pregiudizio per il minore e le altre misure non sono sufficienti a tutelare il suo interesse a crescere sano nel contesto familiare d’origine.

Il Caso Specifico: Indifferenza Terapeutica e Grave Pregiudizio per la Minore

L’ordinanza in esame riguarda il ricorso straordinario presentato dalla madre contro il decreto della Corte d’Appello di Roma che aveva confermato la decisione del Tribunale per i minorenni di Roma di dichiarare la decadenza dalla responsabilità genitoriale di entrambi i genitori della minore.

Il procedimento era stato avviato nel 2017 a seguito di una segnalazione della scuola, dove la bambina (allora di …. anni) manifestava comportamenti aggressivi e oppositivi, a cui faceva riscontro una totale mancanza di collaborazione da parte della madre, che a sua volta reagiva in modo aggressivo verso gli insegnanti.

Il Tribunale per i minorenni di Roma, all’esito di una lunga istruttoria, aveva disposto la decadenza di entrambi i genitori, nominato un tutore (il Sindaco), confermato il collocamento della minore in casa-famiglia con divieto di contatti (anche telefonici) con la madre, e incaricato i servizi sociali di trovare una coppia idonea per l’affidamento, avviando un procedimento per la dichiarazione di adottabilità. La Corte d’Appello ha successivamente confermato questa decisione.

Le Ragioni della Decadenza Confermate dalla Cassazione

La Corte di Cassazione, respingendo il ricorso della madre, ha evidenziato diversi aspetti cruciali che hanno motivato la decisione dei giudici di merito:

  • Totale Indifferenza alle Indicazioni Terapeutiche: La madre si è dimostrata totalmente indifferente alle indicazioni terapeutiche e di sostegno formulate fin dall’inizio del procedimento.
  • Percezione Persecutoria del Processo: La madre ha percepito l’intera procedura e la consulenza tecnica d’ufficio (CTU) in modo fortemente persecutorio, manifestando un funzionamento di personalità di tipo psicotico, autoriferito e rigido. Tendeva a recriminare ingiustizie e a trovare ciclicamente un “persecutore” in varie figure (genitori, ex marito, docenti, servizi sociali, Tribunale, CTU). Questa percezione le impediva di affidarsi e fidarsi delle indicazioni relative a un percorso di valutazione psichiatrica e di sostegno psicoterapeutico necessario per recuperare la funzione genitoriale e un rapporto sano con la minore.
  • Carenze nella Funzione Genitoriale: La CTU aveva evidenziato una valutazione psichiatrica pluricarente della funzione genitoriale della madre sotto diversi profili: protettiva, riflessiva, regolativa, predittiva, significante, rappresentativa e comunicativa. La madre faceva uso strumentale manipolativo totalmente inconscio della figlia per rinforzare la sua dissociazione tra realtà oggettiva e soggettiva.
  • Ostacolo al Recupero della Minore: Nonostante la bambina avesse mostrato risorse importanti di adattamento e apprendimento rapido in un ambiente sintonizzato, la madre non solo non ha favorito tale recupero, ma lo ha ostacolato. Ha continuato a rifiutare ogni indicazione di sostegno genitoriale e di cura, persistendo in forme di protesta eclatanti, aggressive, minacciose e persecutorie nei confronti delle istituzioni e delle case-famiglia dove la minore veniva spostata per sottrarla a tali atteggiamenti.
  • Grave Pregiudizio per la Minore: La bambina, già all’età di … anni, presentava una condizione di grave rischio psicopatologico, necessitando di psicofarmaci per diversi anni, e un grave ritardo nell’acquisizione di abilità tipiche dell’età (mangiava solo liquidi, non sapeva masticare o usare le posate). Le era stata diagnosticata una struttura psichica fragile con bisogno costante di un “io ausiliario” e ricorso a meccanismi difensivi, frutto di un vissuto di deprivazione primaria e mancato riconoscimento dei suoi bisogni. A …. anni, la minore appariva “ormai terrorizzata dall’idea che la madre scopra dove lei si trova vivendola come un elemento destabilizzante della sua esistenza”. Manifestava ansia, sintomi di destabilizzazione e timore di uscire, associando la presenza o la conoscenza della madre del suo luogo di vita a un nuovo spostamento di comunità (ne aveva cambiate otto dal 2019). La minore stessa affermava: “io sto bene qui non voglio andarmene non voglio vedere mia madre; lei parla sempre male delle persone che stanno con me e per colpa sua cambio sempre casa famiglia”.

Inammissibilità dei Motivi di Ricorso

La Suprema Corte ha dichiarato inammissibili i motivi di ricorso presentati dalla madre, poiché sostanzialmente miravano a ottenere una nuova valutazione di merito delle risultanze istruttorie e dei fatti accertati dai giudici di appello, cosa non consentita nel giudizio di legittimità. In particolare:

  • Il motivo relativo al percorso terapeutico è stato giudicato inammissibile perché la CTU non richiedeva una valutazione psichiatrica obbligatoria, ma raccomandava un percorso terapeutico che la madre non ha dimostrato di aver accettato.
  • Il motivo sulla violazione del diritto di difesa è stato respinto perché le argomentazioni della madre non erano specifiche e non contrastavano efficacemente le motivazioni della Corte d’Appello in merito alla presenza del difensore e alla valutazione della CTU.
  • Il motivo sulla mancanza dei presupposti legali per la revoca della responsabilità genitoriale è stato considerato un tentativo inammissibile di contestare la valutazione dei fatti che hanno dimostrato il grave pregiudizio subito dalla bambina a causa della condotta materna inadeguata. La Corte ha ribadito che la decisione è stata adottata in funzione protettiva del prevalente interesse della bambina, non punitiva.
  • Il motivo sulla presunta illogicità o contraddittorietà della motivazione (inclusa l’affermazione che i disturbi della minore fossero preesistenti e legati a un disturbo dello spettro autistico) è stato respinto sia come inammissibile tentativo di contestare la valutazione dei fatti, sia come infondato, poiché la decisione ha chiaramente motivato il legame tra le condotte disfunzionali della minore e l’ambiente familiare, in particolare le carenze genitoriali della madre.

L’ordinanza della Cassazione conferma, quindi, la legittimità della decadenza dalla responsabilità genitoriale della madre, basata sull’accertamento del grave pregiudizio subito dalla minore a causa della condotta materna persistentemente inadeguata, non collaborativa e indifferente alle necessità di cura e supporto, che ha ostacolato il percorso di recupero della bambina e ha generato in lei ansia, paura e percezione di instabilità. Il provvedimento è stato adottato per salvaguardare la possibilità di recupero della bambina, dimostrata quando inserita in un contesto capace di rispondere con empatia ai suoi bisogni evolutivi.

 

 

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