Cassazione Civile, I sez. Civile, ordinanza n. 4595 pubblicata il 21 febbraio 2025, Pres. Acierno, Rel. Russo

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Ascolto del minore: diretto (dal Giudice) e indiretto (dal CTU) – da pag. 9 punto 6

Punto 10 – In tema di ascolto del minore di età inferiore ai dodici anni il giudice ha il potere discrezionale officioso di indagare la sussistenza della capacità di discernimento e, valutate le emergenze processuali in merito, di disporre l’ascolto del minore, ma non è tenuto a motivare le ragioni dell’omesso ascolto se la audizione non è stata richiesta allegando le ragioni per le quali deve ritenersi avvenuta la maturazione del minore, in maniera tanto più specifica e persuasiva quanto più il minore è lontano della età degli anni dodici. Anche qualora sia stata richiesta l’audizione del minore infradodicenne, il dovere di motivare si affievolisce, quando manchi alla età legale del discernimento un lasso di tempo che in relazione al periodo complessivo dei dodici anni si può considerare significativo, a meno che dagli atti del giudizio non emerga una eccezionale maturità o gravi ragioni.

CTU, responsabilità genitoriale e alienazione parentale: punto 11.3 pag. 16

In tal senso la giurisprudenza di questa Corte si è già pronunciata. Si è in particolare affermato che al fine di modificare l’affidamento del minore e diritto di visita o di adottare misure che ne comportino lo spostamento della residenza con la conseguente alterazione delle sue abitudini di vita, non è sufficiente la diagnosi di una patologia, tantomeno di una diagnosi sulla quale non vi siano solide evidenze scientifiche; il giudice è tenuto ad accertare la veridicità comportamenti pregiudizievoli per il minore, utilizzando i comuni mezzi di prova, tipici e specifici della materia, incluse le presunzioni, ed a motivare adeguatamente, senza che sia decisivo il giudizio astratto sulla validità o invalidità scientifica della patologia diagnosticata (Cass. n. 13217 del 17/05/2021; Cass. n. 9691 del 24/03/2022; Cass. n. 3576 dell’ 08/02/2024).

Deve qui ribadirsi che la valutazione della idoneità genitoriale non può prescindere in nessun caso dalla osservazione del comportamento. Non è infatti ammissibile discendere dalla diagnosi di una patologia, anche se scientificamente indiscussa e a maggior ragione dubbia, una presunzione di colpevolezza o di inadeguatezza al ruolo di genitore, scissa dalla valutazione in fatto dei comportamenti. Nel processo si giudicano i fatti e i comportamenti e, pertanto è dall’osservazione e dall’analisi dei comportamenti che occorre muovere (ne parlavo già nel 2019 ndr); la diagnosi, il cui rigore scientifico può e deve essere apprezzato dal giudice, peritus peritorum, può aiutare a comprendere le ragioni dei comportamenti e soprattutto a valutare se sono emendabili, ma non può da sola giustificare un giudizio – o pregiudizio – di non idoneità parentale a carico del genitore (Cass. n. 3576 dell’08/02/2024, in motivazione).
In sede giudiziaria non rilevano i fenomeni che si esauriscono in interiore homine, ma solo quelli che si traducono in comportamenti; sicché non può prescindere dalla osservazione di come eventuali anomalie della personalità incidano sull’esercizio della responsabilità genitoriale e sull’adempimento dei doveri di cura, educazione, istruzione e accudimento dei minori, vale a dire dalla osservazione di fatti oggettivi.

Deve ricordarsi che i comportamenti volti ad ostacolare la bigenitorialità e ad impedire che i figli minori mantengano anche con l’altro genitore un rapporto stabile e continuativo interferiscono con lo svolgere le sue funzioni di cura, educazione e istruzione, arrecano pregiudizio agli interessi dei minori anche e integrano violazione dei doveri genitoriali, che il giudice può sanzionare (Cass. n. 37899 del 28/12/2022). Ciascuno dei genitori deve rispettare il diritto del minore a mantenere un rapporto stabile e continuativo con l’altro genitore e cooperare perché detto diritto trovi attuazione, salvo che non vi siano gravi ragioni, che devono essere vagliate dall’autorità giudiziaria, per diradare o sospendere gli incontri tra il minore ed uno dei due genitori. Ove tali gravi ragioni non sussistano, il giudice deve adottare rapidamente misure adeguate per garantire i contatti tra il minore ed entrambi i suoi genitori, e in particolare per garantire l’esercizio del diritto di visita cercando in primo luogo di stimolare la collaborazione tra le parti, anche ricorrendo a mezzi di coercizione indiretta quali le sanzioni, o modificando il regime di affidamento (Corte EDU, Landini c. Italia – del 19 ottobre 2023 , ricorso numero 48280/21; Piazzi c. Italia 2 novembre 2010 – ricorso n. 36168/09; Lombardo c. Italia – 29 gennaio 2013 ricorso n. 25704/11). L’affidamento del minore a terzi è segnatamente l’affidamento ai servizi sociali con limitazione della responsabilità genitoriale, è un provvedimento particolarmente incisivo, che interferisce con la relazione familiare e deve quindi adottarsi soltanto quando il giudice abbia un quadro completo ed effettivo del comportamento dei genitori e delle ragioni che l’uno e l’altro deducono, senza trascurare nessuna allegazione, a tal fine avvalendosi anche dei suoi poteri officiosi, tra i quali rientra anche il potere di disporre tecnica d’ufficio per una valutazione della personalità genitoriale, che tuttavia non può risolversi in una delega ai consulenti dei compiti di accertamento e valutazione dei fatti che spettano al giudice.

Allegazione di violenza domestica: pag. 19 dal punto 14

16. Si tratta di indagini e valutazioni parzialmente differenti da quelle che eseguono il pubblico ministero e il giudice penale. L’accertamento dei fatti oggettivi è il medesimo ed infatti sono previsti specifici strumenti di raccordo tra il processo civile e il procedimento penale; non a caso l’art. 64-bis disp. att. c.p.p. (inserito dall’art. 14 comma 1 della L. 19 luglio 2019, n. 69) prevede che il pubblico ministero quando procede per reati commessi in danno del coniuge, del convivente o di persona legata da una relazione affettiva, anche ove cessata, e risulta la pendenza di procedimenti relativi alla separazione personale dei coniugi, allo scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, allo scioglimento dell’unione civile o alla responsabilità genitoriale, «ne dà notizia senza ritardo al giudice che procede, salvo che gli atti siano coperti dal segreto di cui all’art. 329 del c.p.p. Allo stesso modo provvede quando procede per reati commessi in danno di minori dai genitori, da altri familiari o da persone comunque con loro conviventi, nonché dalla persona legata al genitore da una relazione affettiva, anche ove cessata, ed è pendente procedimento relativo alla responsabilità genitoriale, al suo esercizio o al mantenimento del minore». L’attuale art. 473-bis.42 c.p.c. specularmente prevede anche che il giudice civile chieda al pubblico ministero alle altre autorità competenti informazioni circa l’esistenza di eventuali procedimenti relativi agli abusi o alle violenze definite o pendenti.

16.1. Diversa è però la valutazione dei fatti accertati perché il reato è un fatto tipico, di regola doloso, previsto da una norma di stretta interpretazione; l’illecito civile consiste in qualunque fatto doloso o colposo che cagiona ad altri un danno ingiusto e segnatamente, qualora si parli di danno non patrimoniale, qualunque fatto che leda beni costituzionalmente protetti (Cass. SU n. 26975 del11/11/2008).

Pertanto, a fronte del medesimo fatto oggettivo, il giudice penale potrebbe assolvere o disporre una archiviazione della denuncia, mentre il giudice civile potrebbe ritenere sussistente un comportamento aggressivo e violento, rivelatore di non idoneità genitoriale.

16.2. Da ciò consegue che il semplice rilievo che le denunce sono state archiviate in sede penale non costituisce una motivazione sufficiente per escludere che vi sia un comportamento illecito rilevante in sede civile; né esime il giudice civile dal compiere una autonoma valutazione sul punto, anche basandosi sulle indagini eseguite in sede penale, e integrando l’istruttoria con gli strumenti propri del processo civile, facendo ricorso ai poteri officiosi di cui dispone in tema di provvedimenti che riguardano i minori. In quanto da un lato non può consentirsi la reiterazione di questi comportamenti -ove sussistenti- e se ne deve valutare l’impatto sulla relazione familiare e sulla idoneità genitoriale; dall’altro non si può e non si deve consentire che l’allegazione di violenza domestica infondata o peggio strumentale possa essere utilizzata per contrastare il diritto dei figli di mantenere armoniosi ed equilibrati rapporti con entrambi i genitori e per esautorare uno dei due genitori dal suo ruolo, sospendendo i rapporti in via cautelativa e lasciando trascorrere il tempo senza accertare tempestivamente se i fatti denunciati sono o meno veri (Corte EDU ricorso n. 29768/05 – ricorso c. Italia).

17. La necessaria attenzione al fenomeno della violenza domestica non deve infatti divenire uno stereotipo di giudizio né si può consentire al genitore che alleghi la violenza domestica di sospendere autonomamente ovvero ostacolare, in una sorta di malintesa autotutela, i contatti tra i figli e l’altro genitore.

Ancora si deve presumere che ogni qualvolta un genitore ostacoli i contatti tra i figli e l’altro genitore e questi denunci cd. PAS, lo faccia per occultare le proprie responsabilità in ordine alle violenze agite sui partner. Dal momento che l’ordinamento prevede strumenti rapidi di contrasto alla violenza domestica e di protezione delle vittime dirette, nonché dei minori vittime di violenza assistita, le vicende di violenza domestica devono essere prontamente sottoposte all’attenzione del giudice, che, eseguite le necessarie indagini, rapidamente ma in termini oggettivi, valuterà, se secondo il suo prudente apprezzamento, le misure da adottare e se ricorrono meno i presupposti per vietare incontri tra i figli e il genitore ovvero per regolarli con modalità assistite.

18. In conclusione, nell’adottare i provvedimenti che riguardano i minori e la responsabilità genitoriale, il giudice della famiglia, anche nel vigore delle norme previgenti alla riforma operata dal D.lgs. 149/2022, non può trascurare l’allegazione di comportamenti violenti o aggressivi tenuti da uno o da entrambi i genitori, ai fini di ricostruire il quadro complessivo della relazione familiare, e di valutare il best interest del minore, nonché l’idoneità dei genitori a svolgere adeguatamente i loro compiti. In simili casi il giudice civile ha il dovere di accertare velocemente e accuratamente se effettivamente le allegazioni di violenza domestica hanno un fondamento o meno, anche acquisendo gli atti del processo penale, e comunque rendendo una autonoma valutazione sul punto. La archiviazione delle denunce in sede penale non può costituire esclusivo elemento di valutazione al fine di escludere che vi sia un comportamento illecito rilevante in sede civile e che debbano essere adottate in questa sede le misure preventive e protettive previste dall’ordinamento.

Affidamento ai Servizi Sociali: punto 18.1 pag. 29

18.1. Un’ultima – ma non meno importante- notazione deve farsi: la Corte d’appello di Bologna ha confermato un provvedimento di affidamento ai servizi sociali, ma né il giudice di primo grado né il giudice di secondo grado hanno nominato ai minori un curatore speciale.

Non vi è motivo di ricorso sul punto, nondimeno deve qui ricordarsi che questa Corte ha affermato che nei procedimenti nei quali si discuta dell’affidamento della prole ai servizi sociali – anche prima dell’entrata in vigore dell’art. 5-bis della l. n. 184 del 1983 – si deve distinguere l’ipotesi che a questi ultimi siano attribuiti compiti di vigilanza, supporto e assistenza senza limitazione di responsabilità genitoriale da quella in cui l’affidamento sia conseguente a un provvedimento limitativo della responsabilità genitoriale; nel primo caso -che è possibile definire mandato di vigilanza e supporto – l’affidamento, non incidendo per sottrazione sulla responsabilità genitoriale, non richiede, nelle fase processuale che precede la sua adozione, la nomina di un curatore speciale, salvo che il giudice ravvisi comunque, in concreto, un conflitto di interessi, e non esclude che i servizi possano attuare anche altri interventi di sostegno rientranti nei loro compiti istituzionali; nel secondo caso, l’affidamento, giustificato dalla necessità di non potersi provvedere diversamente all’attuazione degli interessi morali e materiali del minore, necessita della nomina di un curatore speciale che ne curi gli interessi e il provvedimento deve evidenziare i compiti specifici attribuiti al predetto curatore e ai servizi sociali, i quali debbono svolgere la loro funzione nell’ambito esclusivo di quanto individuato nel provvedimento (Cass. n. 3229 del 21/11/2023).”

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